Riflessi di Scienza
Riflessi di Scienza
Cosa ci motiva a studiare il cervello?
Cosa motiva una persona a dedicare la sua vita allo studio del cervello? In questa puntata di Riflessi di Scienza incontriamo, in uno specialissimo meta-dialogo, Yuri Bozzi, professore e direttore del Centro Interdipartimentale Mente/Cervello - CIMeC dell'Università di Trento. Parliamo di cervello ma non solo, di ricerca, di libertà, del perché facciamo quello che facciamo e scopriremo se esistono i topolini autistici!
Grazie per l'ascolto! Per contattarci scrivi a andrea.brunello@unitn.it
Qui trovi il sito del podcast presso il portale dell'Università di Trento.
Unitrento
Andrea Brunello - 00:10
Ehi, ehi si tu, tu che hai acceso questo podcast, ascolta. questo programma è Riflessi di Scienza. è una conversazione ecco, una conversazione del tutto particolare sulla scienza, sulle persone che fanno la scienza. L'ospite di oggi è Yuri Bozzi, ricercatore presso il Cimec. Ascolta, il Cimec è il Centro interdipartimentale Mente e Cervello dell’Università di Trento. E poi, Yuri è anche professore presso il Dipartimento di Psicologie e Scienze Cognitive, e anche del Centro interdipartimentale di Scienze mediche, sempre presso l’Università di Trento. Io, io sono Andrea Brunello. E dai, cominciamo.
Andrea Brunello - 01:30
A volte, sempre più spesso, mi capita di fermarmi e di chiedermi perché sto facendo quello che sto facendo? La vita lo sappiamo, è una lunga serie di strane coincidenze. Anche se vorremmo spiegarla molto spesso siamo incapaci di farlo perché in fin dei conti, la causalità appartiene soltanto ai libri di scienza. Molto spesso nemmeno a quelli. È difficile spiegare chi siamo, perché facciamo le cose che facciamo. Come siamo capitati qui? C’era una canzone dei mitici Talking Heads, Once in a Lifetime, che ascoltavo anni fa, che diceva «You may find yourself in a beautiful house, with a beautiful wife. And you may ask yourself: “Well, how did I get here?”». Cioè, come sono arrivato qui? I Pink Floyd invece cantavano «And then one day you find ten years have got behind you
No one told you when to run, you missed the starting gun». E non hai sentito l’annuncio della partenza, la pistola che annuncia la partenza e poi con l’assolo di Gilmour suona tutto molto meglio. E continua «The sun is the same in a relative way but you're older». Vabbè potrei stare qui tutto il giorno a ricordare canzoni. Ma torniamo al nostro tema: chi siamo? Insomma non possiamo veramente decifrare tutti i motivi che ci portano a essere lì dove siamo, a fare le cose che facciamo. È tutto dentro il nostro cervello e il nostro cervello è cosa parecchio complicata. Se però decide di studiare il cervello, e in particolare le malattie del cervello, una relazione con il cervello la devi avere. Si certo, lo so, tutti abbiamo una qualche relazione con il cervello. Ma io qui parlo di qualcosa di più profondo. Perchè non puoi davvero dedicare la tua vita a studiare un oggetto così complicato se non hai delle forti motivazioni.
Yuri Bozzi - 03:38
Qual è la causa principale delle malattie del cervello. Questa è la mia domanda scientifica. E questa domanda io ce l’avevo dentro. Ce l’avevo dentro da quando ero ragazzo. Nel 1976 avevo nove anni. Morì mio nonno, il quale era un po’ strano, l’avevo sempre saputo, però ovviamente a nove anni non è che conosci i dettagli della storia del nonno; era un tipo un po’ strano. Però a me faceva ridere.
Andrea Brunello - 04:09
Ecco forse sono le esperienze che viviamo da bambini che ci modificano di più, che ci cambiano per sempre.
Yuri Bozzi - 04:15
Mi accorsi rapidamente che questo problema scientifico, cioè come funziona il cervello dal punto di vista cellulare, dal punto di vista delle molecole, e come sono conseguenze del loro malfunzionamento dal punto di vista per esempio patologico, ecco io questa problematica ce l’avevo dentro.
Andrea Brunello - 04:35
Eh si, certo, ce l’avevi dentro perché non si trattava solamente del nonno.
Yuri Bozzi - 04:40
La vita di mia madre, la malattia di mia madre, è entrata di colpo nella mia vita quando ero un ragazzino, un bambino ancora, è rimasta lì per tantissimi anni. Ho imparato a gestire i suoi momenti di crisi aiutando mio padre, cercando di far capire anche a mio fratello più piccolo di cosa si trattava, che cosa stessimo vivendo. Non bo capito subito che questo avrebbe influenzato le mie scelte di studio e lavorative. Però a un certo punto tutto si è materializzato.
Andrea Brunello - 05:16
Almeno con te si è materializzato. Questo è già una cosa positiva.
Yuri Bozzi - 05:22
Mia madre si ammalò, si ammalò di una malattia che nessuno conosceva in famiglia.
Andrea Brunello - 05:29
I primi momenti sono i più difficili perché il non conoscere vuol dire che tutto è possibile, anche le cose peggiori.
Yuri Bozzi - 05:39
O almeno, così sembrava. Beh la diagnosi arrivò abbastanza rapidamente. Semplice diciamo per gli psichiatri che la seguivano. Si parlò di ciclotimia, di una oscillazione tra alti e bassi dell’umore. Fortemente stagionale e periodica. Adesso non si chiama più ciclotimia la clinica psichiatrica definisce questa condizione patologica come disturbo bipolare. Ma il concetto è lo stesso. Si fluttua da momenti di mania ossessiva incontrollabili, a momenti di depressione fortissima. Nel caso di mia mamma questo era evidente; la crisi iniziava con un attacco maniacale che poteva avere anche dei buoni risultati dal punto di vista professionale, per mamma. Mamma era un artista, faceva gioielli, gli disegnava e poi faceva anche quadri e pitture. Nei momenti di mania produceva una quantità di lavoro spaventosa.
Andrea Brunello - 07:23
La connessione fra malattia del cervello e creatività e genialità sembra essere molto frequente. E poi le persone geniali e creative e strane sono spesso le più interessanti. A noi piacciono quelli strani. Almeno a me sì.
Yuri Bozzi - 07:41
Questo aveva un impatto molto forte sulla nostra famiglia. Stava alzata fino alle tre, le quattro, le cinque di notte a disegnare. La sentivi camminare in maniera ossessiva. Ho questo ricordo fortissimo dei passi, dei passi di mamma scalza per casa. Quando il passo di mamma assumeva un certo ritmo, una certa cadenza, sapevamo che stava per arrivare la bufera.
Andrea Brunello - 08:10
Da qualche parte ho letto che il cuore batte con ritmi sempre diversi, mai regolari. Ma quando il battito diventa regolare, voglio dire al millesimo di secondo, il cuore sta per fermarsi. Succede qualcosa quando si entra nella regolarità. Come le truppe militari che marciano tutte con lo stesso ritmo e se camminano su un ponte possono entrare in risonanza con la struttura del ponte e farlo crollare.
Yuri Bozzi - 08:35
È stata un’esperienza che non posso che definire devastante. Voglio dire, non auguro a nessuno. Purtroppo so che ci sono tantissime persone che convivino con la malattia mentale.
Andrea Brunello - 08:51
Eh sì, in questi ultimi anni, fra pandemia, lockdown, guerì. Poi la crisi climatica, la scomparsa di interi ecosistemi, l’antropocene. Ecco questa condizione di malessere mentale, di ansia generalizzata, è probabilmente accentuata.
Yuri Bozzi - 09:07
Da quel momento il mio obiettivo lavorativo è stato quello di capire perché il cervello si ammala.
Andrea Brunello - 09:18
Chi siamo, come siamo arrivati qui? Come mai siamo quello che siamo? Ci sono delle domande che sono troppo complicate, direi scomode, che però ci attraggono. Porsi queste domande è umano. Come chi è attratto e allo stesso tempo allontanato da qualche cosa perché ne capisce che i contorni sono troppo pericolosi. Come ascoltare una musica a volume altissimo. Per un po’ lo fai e poi ti prendono i brividi e prendi paura e non capisci più niente e devi assolutamente, devi abbassare il volume.
Yuri Bozzi - 10:26
Non mi sono mai ritrovato a studiare specificamente. I meccanismi alla base della malattia di cui soffriva mia madre. Non mi sono specializzato nello studio del disturbo bipolare. Non ho mai avuto l’occasione ma penso che anche inconsciamente in realtà qualcosa lavorasse per allontanarmi specificamente da quel campo. Mi sono occupato di malattie di Parkinson, mi sono occupato di epilessia, tantissimo, e negli ultimi dieci quindici anni mi sono occupato e continuo a occuparmi di autismo.
Andrea Brunello - 11:02
Credo che si tratti di un meccanismo di autoprotezione. Avvicinarsi troppo all’abisso può diventare pericoloso.
Yuri Bozzi - 11:08
Ci sono tantissime somiglianza fra queste malattie che in realtà vengono catalogate come diverse le une dalle altre.
Andrea Brunello - 11:17
Beh il cervello è uno solo.
Yuri Bozzi - 11:18
Ci sono tantissime somiglianza perché alla base alla fine il cervello è uno. Funziona secondo dei meccanismi che sono profondamente conservati. Evolutivamente conservati e questo è uno dei motivi per cui possiamo studiare il malfunzionamento del cervello anche in animali di laboratorio. E ritengo che lo studio di base sia fondamentale per cercare di capire poi quelli che sono i meccanismi patologici nell’uomo.
Andrea Brunello - 11:50
Quando c’è passione, possiamo fare veramente tutto. Prendi un pianoforte o un violino. Come si può spiegare la passione che spinge uno a studiare ore, ore tutti i giorni per degli anni. E poi magari anche a diventare così bravo, da tenere dei concerti ed essere chiamato virtuoso. Cos’è che ci spinge a fare le cose che facciamo? Torna la domanda esistenziale su chi siamo. Ma invece di provare a rispondere su questa domanda, forse faremmo meglio a ragionare sul come viviamo.
Yuri Bozzi - 12:20
Beh, raccontare la mia vita di ricercatore è raccontare la mia vita. Punto. Non è possibile scindere quello che sono dal punto di vista professionale da quello che sono dal punto di vista professionale. Il lavoro del ricercatore è un lavoro a tempo pieno, ventiquattr'ore su ventiquattro. Ti svegli la notte, pensando a qualcosa che ti è entrato in testa, uno sperimento da fare, una frase in un articolo da scrivere. Ti alzi, prendi appunti e ritorni a dormire.
Andrea Brunello - 12:56
Prendi in mano il violino e ti metti a suonare. Oppure se sei un ciclista da quelli di Giro d’Italia e Tour de France salti su una cyclette nel mezzo della notte perché non riesci a dormire o perché sei dopato e il sangue è una melassa e se non pedali muori. E allora pedala e sto prendendo troppe tangenti. E tangenti non nel senso dei soldi e dei corrotti. Ma un’altra tangente. Il mio cervello…
Yuri Bozzi - 13:22
Adesso come ricercatore mi occupo di autismo. Il mio laboratorio conduce studi su animali. Le mie ricerche riguardano lo studio dei meccanismi alla base dell’insorgenza dell’autismo. O meglio, dei disturbi dello spettro autistico. Nell’uomo l’autismo è una condizione che si presenta in molte forme diverse, caratterizzate però tutte da alcuni elementi costanti, diciamo così. Fondamentalmente disturbi del comportamento sociale - in alcuni casi del linguaggio e della comunicazione - e poi la presenza di alcuni comportamenti ripetitivi, non finalizzati, diciamo, a uno specifico obiettivo.
Andrea Brunello - 14:18
Genetica ed epigenetica. La genetica esprime il lavoro dei geni, del dna. L’epigenetica, invece, di modificazione di una cellula o di un organismo in cui però non si osserva una variazione del genotipo, cioè del dna.
Yuri Bozzi - 14:32
A oggi sappiamo che l’autismo ha una forte componente genetica e che sono molti i geni potenzialmente coinvolti nell’insorgenza dei disturbi dello spettro autistico. La cosa interessante che però caratterizza tutte le forme di autismo, è che si ritiene che le mutazioni in questi geni abbiano un effetto sullo sviluppo del cervello. Infatti l’autismo viene definita “malattia - o condizione, meglio - del neurosviluppo”. Quindi il concetto di base, che sta proprio all’origine di questo termine, è che eventuali mutazioni modificano i circuiti cerebrali, modicano lo sviluppo anche embrionale e post-natale del cervello stesso, portando in ultima analisi alla manifestazione di alcuni specifici comportamenti che sono quelli, come detto, che caratterizzano l’autismo stesso.
Andrea Brunello - 15:33
Quindi l’autismo ha una forte componente genetica. Questo è molto interessante e utile da sapere immagino.
Yuri Bozzi - 16:24
Questa conoscenza, ossia che esistono numerose mutazioni che quando si manifestano portano all’autismo, può essere sfruttata per capire meglio in laboratorio quali sono i meccanismi attraverso i quali un alterato sviluppo del cervello porta appunto alle manifestazioni patologiche.
Andrea Brunello - 16:24
Immagino appunto che fare esperimenti in laboratorio sul genoma umano non sia particolarmente facile. Si alzano bandierine rosse. Per questo è necessario lavorare con i topolini da laboratorio.
Yuri Bozzi - 16:57
Partiamo da queste conoscenze e studiamo non tanto soggetti umani quanto animali di laboratorio che portano nel loro materiale genetico le stesse mutazioni, o simili, a quelle che sono presenti nel genoma umano, in soggetti che manifestano autismo. Cerchiamo di capire nell’animale da laboratorio qual è l’effetto di queste mutazioni.
Andrea Brunello - 17:27
La scienza va a spingersi così avanti che può sembrare fantascienza o anche magia. È qui che rischia di fare paura in chi non la capisce. E magari la subisce.
Yuri Bozzi 17:37
Quali sono i tipi di cellule del cervello che sono maggiormente colpite da queste mutazioni; come si alterano i circuiti e le connessioni delle cellule del cervello e di conseguenza quali sono i comportamenti patologici che l’animale di laboratorio manifesta a seguito di queste stesse mutazioni.
Andrea Brunello - 17:57
Tutto questo studiando animali. Dei topolini, topolini autistici.
Yuri Bozzi - 18:03
Certamente non è possibile, non è facile, non è immaginabile direi parlare, per esempio, di un “topolino autistico”. Però, esistono tutta una serie di comportamenti che possono essere studiati anche nell’animale di laboratorio, in maniera non invasiva, che in qualche modo collegano il manifestarsi di una certa condizione nell’animale in maniera molto simile a quanto clinicamente osserviamo nell’uomo. Per esempio nel topo - che è un animale altamente sociale - possiamo studiare dei difetti di comportamento sociale. Se l’animale a seguito per esempio di una mutazione in un gene associato all’autismo, manifesta o meno difetti di comportamento sociale; se al topolino piace stare tra i suoi simili piuttosto che no.
Andrea Brunello - 18:53
Ma se trovi il topolino particolarmente evoluto, diciamo intelligente, allora posso capire che non gli piaccia stare con i suoi simili. Che noia, di cosa parlano? Tutto il giorno chiusi dentro la loro gabbia? Di cosa possono parlare se il loro orizzonte è sempre quello? Se lo sguardo verso il futuro non cambia mai?
Yuri Bozzi - 19:42
Adesso, diciamo sono allo studio tecnologie che proprio partendo dal fatto che è possibile modificare il genoma in senso patologico, è verosimilmente possibile rimodificato rendendolo nuovamente normale. Questa è la tecnologia di cui si è tanto sentito parlare. È stato dato recentemente un premio nobel per questa tecnologia che si chiama Editing genomico. In pratica è un taglia e cuci molto molto mirato, in qualunque molecole di dna.
Andrea Brunello - 20:17
Quindi, si parte da un topolino autistico, con un genoma che esprime dei geni correlati alla malattia, si prendono i geni malati e li si sostituisce con i geni corretti ed ecco che…
Yuri Bozzi - 20:29
È possibile intervenire sul genoma ristabilendo una corretta sequenza ed eliminando la mutazione. Per alcune patologie (per esempio del sangue o del sistema immunitario) questo è stato già fatto e alcune terapie esistono e sono approvate come tali, terapia genica. Per quanto riguarda le malattie del cervello, il problema è molto più grande. Perché se una mutazione è presente, non dico dalla nascita ma addirittura dal concepimento - quindi dal momento in cui l’embrione si forma dall’unione dell’ovulo materno con lo spermatozoo paterno - l’embrione si sviluppa diciamo convivendo con quella mutazione, se la mutazione non è letale. Ma molte delle mutazioni che colpiscono i circuiti cerebrali in realtà non sono letali, ma modificano sottilmente e continuamente l’attività e la struttura del cervello stesso.
Andrea Brunello - 21:31
Ok, ok capisco dove stiamo andando con questo ragionamento.
Yuri Bozzi - 21:37
Quindi, qual è il problema. Immaginiamoci nell’autismo in particolare; esistono casi chiaramente studiati di autismo genetico, dovuto a una singola mutazione su un singolo gene ereditato dai genitori. Bene, la diagnosi di autismo quando viene fatta: ma dal punto di vista comportamentale non prima dei due, tre, quattro anni (dipende dall’accuratezza della diagnosi), il test genetico ovviamente segue la diagnosi comportamentale - clinica, quindi in sostanza ci ritroviamo a sapere che un paziente ha una forma, mettiamo grave, di autismo. Quando questo soggetto ha già raggiunto una certa età, tre, quattro anni, che sono probabilmente troppi per poter pensare di intervenire geneticamente, ristabilendo - se fosse possibile nell’uomo - la sequenza normale. Perché il cervello si è già modificato ed è cresciuto e si è sviluppato con quella modificazione. Quindi il revertire, il tornare indietro alla mutazione, non assicura che il difetto scompaia.
Andrea Brunello - 23:32
Ecco, ecco quali sono le conseguenze di questo discorso. L’autismo sembra essere il risultato di una mutazione genetica, anche già a livello embrionale modifica sottilmente e continuamente l’attività e la struttura del cervello, ma noi lo vediamo solo quando il bambino ha qualche anno di vita.
Yuri Bozzi - 23:48
Una della cose su cui ci stiamo concentrando moltissimo è capire l’influenza di difetti del sistema immunitario nell’insorgenza dei disturbi comportamentali che caratterizzano l’autismo. Questa è una cosa che ha un senso dal punto di vista di intervento farmacologico perché esistono già sul mercato e utilizzate per altri tipi di patologie, moltissime molecole che modificano l’attività del sistema immunitario.
Andrea Brunello - 24:20
Lo sapevo, lo sapevo che ci saremmo arrivati. Questo si lega profondamente alla questione dei vaccini.
Yuri Bozzi - 24:27
Quando parliamo di sistemi immunitari, si lega profondamente alla questione dei vaccini.
Andrea Brunello - 24:34
Appunto, è quello che ho detto. Entriamo in un campo minato. Che poi secondo la scienza non è minato per niente. Ma è minato. Non so se mi spiego.
Yuri Bozzi - 24:46
Ora gli studi che abbiamo a disposizione che si basano sulla meta-analisi come si dice in termine tecnico in epidemiologia, dimostrano, senza ombra di dubbio, dallo studio di milioni e milioni di casi, che i vaccini non provocano l’autismo. Cioè, l’incidenza di autismo è identica in popolazioni vaccinate e non vaccinate.
Andrea Brunello - 25:13
Appunto, non è minato; ma poi se ti capita, cioè se ti capita un figlio autistico, allora vorresti capire il perché. E non ti fidi di statistiche di genetica. Se hai appena fatto un vaccino e tuo figlio prima ti sembrava che fosse a posto, anche perché non ci prestavi tanta attenzione, diciamo che non ci stavi pensando. Ma adesso invece non è a posto e adesso tu invece ci stai prestando attenzione, ci stai pensando. Quindi il vaccino sembra essere sicuramente il motivo. A te non interessa niente che l’autismo sia il risultato di mutazioni genetiche perché tuo figlio è la prova che il vaccino lo ha danneggiato. Cioè prima stava bene, adesso sta male. No? E forse, dico forse, chi lo sa, forse una componente c’è, chi lo sa. La ricerca in questo va avanti anche se le statistiche dicono che i vaccini sono sicuri. Perché la natura è complessa e non possiamo giungere a conclusioni assolute semplificando tutto sempre così tanto.
Yuri Bozzi - 26:53
Uno dei punti chiave è che effettivamente, tipicamente, l’autismo si manifesta con le sue caratteristiche comportamentali, più o meno tra il primo e il secondo anno di vita, che è il periodo in cui le vaccinazioni sono tipicamente effettuate. Però quello che sappiamo riguardo all’autismo è che qualunque sia la sua causa, ambientale oppure genetica, questa causa lavora nel bambino ahimè, purtroppo, già nella vita pre-natale.
Andrea Brunello - 27:32
Cioè da quando era un embrione. Prima, ma molto prima che venisse vaccinato. C’è poi anche la questione del sistema immunitario, che in alcuni bambini reagisce in modo scomposto alla vaccinazione.
Yuri Bozzi - 27:43
Se un trattamento che mette sotto pressione il sistema immunitario o una situazione patologica che mette sotto pressione il sistema immunitario, possa poi portare a manifestare alcune caratteristiche patologiche che possono caratterizzare l’autismo ma anche altra malattie del cervello, questo è tutto da chiarire. Ma non esiste evidenza scientifica a supporto dell’idea che i vaccini di per sé provochino l’autismo.
Andrea Brunello - 28:14
Rimane però che la statistica dice che la percentuale di autismo nei bambini vaccinati e non vaccinati è la stessa. Ma certo, parlare di statista è inutile se sei tu quello che ne viene colpito. Il rischio di morire per un incidente aereo è 1 su 100 milioni. Vaglielo a dire a quello che è morto. Per lui era 1 su 1. Siamo esseri umani, a noi la statistica ci fa il solletico. Ci sono alcuni, e sono dei criminali, che sfruttano questa naturale tendenza verso l’irrazionalità, per seminare dubbi e perplessità. Sono dei criminali, dico, perché danneggiano non solo la salute pubblica ma anche le persone stesse che li credono. È vero però che l’irrazionalità e la razionalità sono due facce della nostra medaglia di esseri umani. È la nostra natura e questo vale anche per gli scienziati. Posso immaginare che quando conosci il cervello e la malattia puoi spaventarti.
Yuri Bozzi - 29:07
È possibile però altrettanto che esistessero dei fattori e io direi genetici nella famiglia di mia madre che in qualche modo predisponessero alla malattia mentale.
Andrea Brunello - 29:24
Vivere con questo pensiero deve essere complicato.
Yuri Bozzi - 29:28
Mi sono fato, diciamo, l’idea che probabilmente nella famiglia di mio nonno ci fosse qualcosa “che non andava” e probabilmente qualcosa che aveva a che fare con la regolazione, diciamo del sistema immunitario, della fisiologia del sistema endocrino. Questi sono due grandissimi sistemi che influenzano pesantemente il funzionamento del cervello.
Andrea Brunello - 29:56
E quindi ti viene la paura di avere la malattia.
Yuri Bozzi - 30:00
Cosa significa questo. Significa che quando cominci a capire ste cose ti prende anche la paura che la malattia ce l’hai dentro, ce l’ha in famiglia. E io, sopratutto quando era ragazzo, giovane studente, questo incubo dell’’ammalarmi, dell’andare fuori di testa come mamma, ce l’ho sempre avuto.
Yuri Bozzi - 30:43
Ora, io decisamente non batto pari, però non dal punto di vista patologico. Ho i miei momenti di depressione come tante persone hanno, momenti di forte euforia, ma decisamente non posso essere classificato come paziente psichiatrico, almeno fino ad adesso.
Andrea Brunello - 31:06
Tua mamma ti ha lasciato ben più della malattia. Ti ha insegnato anche a interpretare il lavoro in una maniera del tutto libera.
Yuri Bozzi - 31:10
Mia madre giocava con me e poi alle nove di sera andava in bottega a finire i lavori. Io dormivo. Non ho mai avuto il problema a vedere un lavoro come qualcosa di totalizzante. Però fammelo fare a modo mio, con i miei tempi.
Andrea Brunello - 31:27
E questo è quello che hai ereditato da tua madre.
Yuri Bozzi - 31:30
Questo è esattamente quello che io ho ereditato da mamma e sono profondamente contento del modo in cui sono riuscito negli anni a ritagliarmi il mio modo di fare la ricerca, che è un modo diciamo di sentirsi profondamente liberi.
Andrea Brunello - 31:48
Insomma, abbiamo fatto una lunga cavalcata nell’animo e nella professione di chi studia il cervello. Ma alla fine rimane un dubbio. Che cos’è il cervello? È un insieme di neuroni e sinapsi? È un oggetto misterioso, meraviglioso e magico?
Yuri Bozzi - 32:06
Cos’è per me il cervello. Non lo so. Sostanzialmente non lo so; è un infinita combinazione di eventi direi, di funzioni. È un qualcosa che cambia continuamente molto più di quanto noi ci immaginiamo secondo me.
Andrea Brunello - 32:30
Il cervello ci permette di entrare in contatto con la realtà.
Yuri Bozzi 32:34
La realtà sta nei sensi.
Andrea Brunello - 32:40
Certo che chi studia il cervello può essere davvero misterioso. Vabbè comunque, il cervello ci regala la capacità di essere cosciente.
Yuri Bozzi - 32:46
Sei cosciente solo se sei cosciente. Ma ciascuno di noi non lo sa cosa significa non essere cosciente.
Andrea Brunello - 33:00
Ok, come non detto. Certo che deve essere bellissimo. Studi il cervello perché da sempre ne hai sentito l’urgenza, perché ne capisci l’importanza, in prima persona e non così in teoria. E poi, dopo tanto tempo e dopo tante energie finalmente puoi dire cos’è il cervello.
Yuri Bozzi - 33:32
Dopo più di venticinque anni di ricerca non so cosa sia il cervello e non credo che riuscirò a capirlo nella mia vita di ricercatore. Ma tutto sommato non mi interessa perché penso che sia bello e anche fondamentale rimanere con il dubbio.
Andrea Brunello - 33:50
Si, meglio così. Meglio così perché è proprio quel dubbio che ci tiene attaccati alla vita, come una bella storia, ci rende curiosi e vogliamo vedere come continua.
Andrea Brunello - 35:01
Eh già, tutte le cose hanno un termine e anche questa puntata è finita. Hai ascoltato Riflessi di scienza con me, Andrea Brunello. E l’ospite di oggi che ringrazio per la sua squisita generosità è stato Yuri Bozzi.
Riflessi di scienza è una produzione dell’Università di Trento in collaborazione con Arditodesio. Le musiche sono composte ed eseguite ad hoc, proprio per noi, da Stefano Oss. Ciao, ciao.
Unitrento